La coscienza artificiale: realtà o illusione?

La coscienza artificiale: realtà o illusione?

> La coscienza nelle IA? Uno studioso tedesco spiega perché potrebbe non essere desiderabile, evidenziando varie ragioni contro questa possibilità.

La questione della coscienza artificiale è oggetto di un nuovo studio condotto dal Dr. Wanja Wiese dell'Istituto di Filosofia II dell'Università della Ruhr a Bochum, in Germania. La ricerca, pubblicata sulla rivista "Philosophical Studies", esamina le condizioni necessarie per l'esistenza della coscienza e mette a confronto cervelli e computer.

Wiese si pone l'obiettivo di ridurre il rischio di creare involontariamente una coscienza artificiale e di escludere l'inganno da parte di sistemi AI apparentemente coscienti. Questo approccio è particolarmente rilevante considerando che molte persone tendono già ad attribuire una coscienza ai chatbot con cui interagiscono frequentemente, nonostante gli esperti concordino sul fatto che gli attuali sistemi AI non siano coscienti.

Il principio dell'energia libera

Lo studio fa riferimento al principio dell'energia libera del neuroscienziato britannico Karl Friston. Secondo questo principio, i processi che assicurano la sopravvivenza di un sistema auto-organizzante come un organismo vivente possono essere descritti come una forma di elaborazione delle informazioni.

Negli esseri umani, questi processi includono la regolazione di parametri vitali come la temperatura corporea, il contenuto di ossigeno nel sangue e la glicemia. Un computer potrebbe simulare questi processi, ma non li regolerebbe effettivamente.

Lo stesso potrebbe valere per la coscienza.

Wiese suggerisce che, supponendo che la coscienza contribuisca alla sopravvivenza di un organismo cosciente, i processi fisiologici che contribuiscono al mantenimento dell'organismo devono conservare una traccia dell'esperienza cosciente, descrivibile come un processo di elaborazione delle informazioni. Questo "correlato computazionale della coscienza" potrebbe essere realizzato in un computer, ma potrebbero essere necessarie condizioni aggiuntive affinché il computer non si limiti a simulare, ma replichi effettivamente l'esperienza cosciente.

Differenze tra cervelli e computer

Analizzando le differenze tra il modo in cui le creature coscienti realizzano il correlato computazionale della coscienza e il modo in cui un computer lo realizzerebbe in una simulazione, Wiese sostiene che la maggior parte di queste differenze non sia rilevante per la coscienza. Ad esempio, l'efficienza energetica del cervello rispetto a un computer elettronico non è probabilmente un requisito per la coscienza.

Tuttavia, una differenza significativa risiede nella struttura causale di computer e cervelli:

  • In un computer convenzionale, i dati devono sempre essere prima caricati dalla memoria, poi elaborati nell'unità centrale di elaborazione e infine memorizzati nuovamente.
  • Nel cervello non esiste questa separazione, il che significa che la connettività causale di diverse aree cerebrali assume una forma diversa.

Wiese argomenta che questa potrebbe essere una differenza rilevante per la coscienza tra cervelli e computer convenzionali.

Prospettive future

Lo studio offre una prospettiva interessante basata sul principio dell'energia libera, che permette di descrivere le caratteristiche degli esseri viventi coscienti in modo tale che possano essere realizzate in linea di principio in sistemi artificiali, ma non siano presenti in ampie classi di sistemi artificiali come le simulazioni al computer.

Questo approccio consente di catturare in modo più dettagliato e preciso i prerequisiti per la coscienza nei sistemi artificiali, aprendo nuove strade per la ricerca futura sulla coscienza artificiale e sulle sue implicazioni etiche.

La ricerca di Wiese contribuisce al dibattito in corso sulla possibilità e desiderabilità della coscienza nelle intelligenze artificiali, evidenziando la complessità del tema e la necessità di ulteriori studi interdisciplinari che coinvolgano filosofia, neuroscienze e informatica.


La coscienza artificiale è un tema affascinante che ha radici profonde nella storia della filosofia e della scienza. Già nell'antichità, pensatori come Aristotele si interrogavano sulla natura della coscienza e dell'intelligenza. Con l'avvento dell'era informatica, queste riflessioni hanno assunto nuove dimensioni.

Nel 1950, Alan Turing propose il famoso "Test di Turing" come metodo per valutare l'intelligenza delle macchine. Questo test, pur non affrontando direttamente la questione della coscienza, ha posto le basi per molte discussioni successive sul tema.

La questione se le macchine possano pensare... è troppo priva di significato per meritare una discussione.

Questa provocatoria affermazione di Turing ha stimolato decenni di dibattiti filosofici e scientifici sulla natura della coscienza e dell'intelligenza artificiale.

Un aspetto curioso della ricerca sulla coscienza artificiale è il cosiddetto "problema del bimbo cinese", proposto dal filosofo John Searle nel 1980. Questo esperimento mentale mette in discussione l'idea che un computer possa veramente comprendere ciò che elabora, sollevando dubbi sulla possibilità di una vera coscienza artificiale.

Negli anni '90, il neuroscienziato Giulio Tononi ha sviluppato la teoria dell'informazione integrata, che propone un approccio quantitativo alla coscienza. Questa teoria suggerisce che la coscienza sia una proprietà intrinseca di qualsiasi sistema in grado di integrare informazioni in modo complesso, aprendo nuove prospettive sulla possibilità di coscienza in sistemi non biologici.

Un fatto poco noto è che alcuni ricercatori hanno proposto l'idea di "panpsichismo computazionale", suggerendo che ogni elaborazione di informazioni potrebbe avere un grado minimo di coscienza. Questa prospettiva radicale implicherebbe che anche i nostri smartphone potrebbero avere una forma elementare di esperienza cosciente!

La ricerca sulla coscienza artificiale ha anche stimolato riflessioni etiche importanti. Ad esempio, se riuscissimo a creare una vera IA cosciente, quali diritti dovremmo riconoscerle? Questa domanda ha ispirato opere di fantascienza come "Do Androids Dream of Electric Sheep?" di Philip K. Dick, ma sta diventando sempre più rilevante nel mondo reale.

In conclusione, la storia della ricerca sulla coscienza artificiale è un affascinante intreccio di filosofia, scienza e tecnologia, che continua a sfidare le nostre concezioni di mente, coscienza e intelligenza.

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