Truffa deepfake: falso CEO Ferrari tenta una truffa a manager

Truffa deepfake: falso CEO Ferrari tenta una truffa a manager

> L'inganno si intensifica: una chiamata con voce deepfake del finto CEO, quasi identica all'originale, aumenta la tensione e la confusione.

Un recente tentativo di truffa hi-tech ha preso di mira un alto dirigente della Ferrari, mettendo in luce una preoccupante tendenza nell'uso dell'intelligenza artificiale per scopi fraudolenti. L'episodio è iniziato con una serie di messaggi WhatsApp apparentemente inviati dall'amministratore delegato, Benedetto Vigna, che alludevano a un'imminente acquisizione segreta.

Nonostante il numero e la foto profilo fossero diversi dal solito, i messaggi simulavano lo stile comunicativo del CEO, invitando il dirigente a prepararsi per firmare accordi di riservatezza. La situazione è poi escalata con una telefonata in cui la voce deepfake del falso Vigna, ricreata con l'intelligenza artificiale, era quasi indistinguibile dall'originale.

Solo alcune sfumature "metalliche" hanno destato il sospetto del dirigente.

Il dirigente è riuscito a sventare la truffa chiedendo un dettaglio personale che solo il vero Vigna avrebbe potuto conoscere.

Precedenti e implicazioni

Questo tentativo, fortunatamente fallito, si aggiunge a un caso simile avvenuto a Hong Kong, in cui una società britannica ha subìto una frode da 25 milioni di dollari attraverso l'uso di tecnologie deepfake.

L'incidente Ferrari sottolinea la crescente verosimiglianza delle truffe basate sull'AI, capaci di replicare voci e comportamenti con alta precisione. Rappresenta un campanello d'allarme per le aziende, evidenziando la necessità di implementare protocolli di sicurezza più robusti e di formare il personale a riconoscere queste minacce emergenti.


L'intelligenza artificiale è diventata un potente strumento nelle mani di malintenzionati, come dimostra il recente tentativo di truffa ai danni della Ferrari. Questo campo tecnologico ha radici profonde nella storia dell'informatica, risalendo agli anni '50 quando pionieri come Alan Turing iniziarono a teorizzare macchine pensanti.

Nel corso dei decenni, l'AI ha fatto passi da gigante. Negli anni '80, i sistemi esperti promettevano di replicare le capacità decisionali umane in ambiti specifici. Gli anni '90 videro l'ascesa delle reti neurali, mentre il nuovo millennio ha portato al deep learning e ai modelli linguistici avanzati che oggi permettono di generare testi e voci quasi indistinguibili da quelli umani.

L'intelligenza artificiale sarà o la migliore o la peggiore cosa mai capitata all'umanità.

Questa celebre frase di Stephen Hawking risuona oggi più che mai, alla luce delle potenzialità e dei rischi dell'AI. Tra le curiosità, vale la pena ricordare il test di Turing, proposto nel 1950, che ancora oggi viene utilizzato per valutare l'intelligenza delle macchine. Un'altra pietra miliare è stata la vittoria di Deep Blue contro il campione di scacchi Garry Kasparov nel 1997, evento che segnò l'immaginario collettivo.

Oggi, le applicazioni dell'AI spaziano dalla medicina alla finanza, dalla guida autonoma all'arte generativa. Tuttavia, come dimostra il caso Ferrari, anche i criminali stanno sfruttando queste tecnologie. La capacità di replicare voci e comportamenti solleva questioni etiche e di sicurezza che la società dovrà affrontare con urgenza.

Per contrastare queste minacce, si stanno sviluppando tecnologie di riconoscimento dei deepfake e sistemi di autenticazione multifattoriale sempre più sofisticati. Allo stesso tempo, cresce l'importanza dell'educazione digitale per rendere gli utenti più consapevoli e capaci di riconoscere potenziali truffe basate sull'AI.

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